di Alice Scalas
Per il nono incontro del LUDiCa, la nostra Bottega è tornata in classe per ospitare l’intervento del Professor Federico Valacchi, uno dei massimi esperti dell’archivistica italiana e presidente dell’Associazione italiana Docenti universitari di Archivistica (AIDUSA).
L’intervento del Professore, intitolato Minima Digitalia – Fatti e misfatti della dematerializzazione degli archivi, ha avuto come focus la riflessione sulle criticità e sulle possibilità della dematerializzazione degli archivi .
Secondo il relatore, per affrontare al meglio questo processo occorre guardare alla digitalizzazione come a un’opportunità, cogliendo i pro e i contro del suo impiego.
La digitalizzazione non è intesa da Valacchi come una battaglia ideale tra digitalizzatori seriali da una parte e difensori dei contesti dall’altra, quanto come uno spazio di ragionamento critico su un fenomeno ormai ineludibile e un processo dalle forti implicazioni politiche, come mostra l’istituzione della Direzione Generale per la Digitalizzazione.
Parlare di digitalizzazione fine a sé stessa, non basta. Se non si analizzano i presupposti, le possibilità e le criticità non si può capire il “dono” della digitalizzazione. Occorre pensare alla digitalizzazione come processo accompagnato da sviluppo e sostenibilità, in grado di fare sintesi tra metodi e strumenti ereditati dal passato con le esigenze presenti e lo sguardo rivolto verso il futuro.
Protagonisti e fruitori principali della digitalizzazione sono gli utenti. Ma chi sono gli utenti? E come si identificano? Possono essere storici di professione, ricercatori o semplici curiosi. Il professor Valacchi sottolinea che gli utenti sono in primo luogo i cittadini, in quanto l’archivio è sede dei loro diritti e fornisce risposte ai loro bisogni quotidiani.
La digitalizzazione è, ai giorni nostri, un vantaggio a cui non si può rinunciare, un punto di incontro tra la natura analogica della documentazione passata e la produzione contemporanea di documentazione elettronica.
È necessario un approccio consapevole e strutturato alla digitalizzazione, che superi l’idea che il processo sia la panacea per tutti i mali o una sorta di bacchetta magica. Per fare questo non si può e non si deve prescindere dal rigore del metodo archivistico: creare descrizioni precise e fedeli agli standard che accompagnino la dematerializzazione permette di costruire ecosistemi di valore e non, invece, contenitori di oggetti vuoti. Quando dematerializziamo un archivio noi lo sporzioniamo, e lo riproponiamo in versione digitale sul web; facendo così per tutti gli archivi (come il Ministero si prefigge di fare, soprattutto con gli Archivi di Stato) si promuove una digitalizzazione massiva allarmante.
Il Professor Valacchi è poi passato a discutere della centralità della conservazione, ha accennato al tema della sostenibilità economica dei processi di dematerializzazione e delle scarse garanzie che quelli esistenti danno circa la possibilità di lasciare alle future generazioni i documenti che oggi stiamo generando.
In conclusione, essere digitali significa avere consapevolezza delle conseguenze della digitalizzazione cioè coltivare un pensiero digitale.
Ad ultimo, il Professor Valacchi apre una riflessione sull’idea del digitale fai-da-te e sulla figura dell’utente che si fa produttore di contenuti. A questo proposito possiamo citare diversi progetti di digitalizzazione portati avanti dai cosiddetti prosumer, soggetti che definiscono contenuti a proprio uso e consumo (es. storici che digitalizzano documenti auto-prodotti).
Come possiamo controllare questa sempre maggiore massa informativa? Le intelligenze artificiali potranno aiutarci a gestire l’enorme quantità di contenuti?
L’ultima riflessione dell’incontro riguarda l’azione di mediazione portata avanti dagli archivisti, unita ad azioni volte alla comunicazione e valorizzazione del materiale documentario.Occorre andare oltre le formule vuote, occuparsi sempre di fare inventariazione del materiale e metabolizzare le informazioni prima di procedere con la digitalizzazione.
La soluzione al problema è seguire una linea progettuale ed agire con sensibilità verso i sistemi e i valori.
Chiudiamo l’incontro chiedendoci: quanto sono fragili gli oggetti digitali? Non lo sono. La criticità risiede nella progettazione della loro conservazione. Ma anche quest’ultima, per poter essere attuata correttamente, necessita di consapevolezza e competenze specifiche.