di Francesco Andreotti
Siamo giunti alla conclusione della bottega digitale del LUDiCa 2022. È il decimo e ultimo incontro prima del campo estivo in cui il laboratorio dell’Università di Cagliari, guidato dal professor Giampaolo Salice, sarà ospite della comunità di Orani e del Museo “Costantino Nivola”, per portare avanti il proprio progetto di storia digitale e pubblica sulla e con la comunità stessa. Lo scopo sarà quello di sperimentare sul campo gli strumenti teorico-pratici di digital humanities maneggiati in questo mese di intenso apprendistato.
Nell’aula si respira un’atmosfera di emozione e di consapevolezza.
Se fossimo nel film “Full metal jacket” di Stanley Kubrik, oggi saremmo alla fine del primo tempo, al giuramento dei nuovi marines, prima della partenza per il Vietnam. Forse il paragone è un po’ azzardato ma rende l’idea. Tanto più che, in queste troppo calde giornate di giugno, attualissime guerre continuano a mietere vittime innocenti tra i popoli e il nostro sdegno non può che portarci ad assumere con ancora maggiore determinazione i compiti che questo laboratorio ci assegna: ripensare il mondo, le relazioni umane, i metodi di studio, le nostre stesse radicate abitudini, noi stessi.
È l’entusiasmo dei neofiti? È UTOPIA? Proprio sui sentieri dell’utopia si sviluppa questo laboratorio, occasione rara e preziosa, che nella sua stessa concezione si pone come avanguardia didattica, momento forte di presenza fisica sul territorio, di progettazione di mondi abitabili, immaginati da individualità protese verso un sentire collettivo, umanistico appunto (“Leggete Thomas More!” ha tuonato a un certo punto Salice tra i faldoni dell’Archivio di Stato di Cagliari).
E sul concetto di utopia quale motore invisibile di inediti progetti didattici e culturali, impostano i loro interventi i relatori di oggi, chiamati ad interagire da luoghi assai distanti tra loro ma con questo irriducibile denominatore comune.
Il primo intervento è di Sergio Flore, responsabile delle attività didattiche del Museo “Costantino Nivola” di Orani, che racconta la storia del museo e di quel fondamentale artista dalla cui attività questa utopia incarnata ha preso le mosse. Non prima però di avere comunicato ai membri del laboratorio che la comunità di Orani li sta febbrilmente aspettando!
Il secondo è di Sabina Pavone professoressa di storia moderna presso il dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo e coordinatrice del laboratorio di Public History dell’Università di Macerata.
Sergio Flore crea un quadro vivido di ciò che è oggi il museo, di cosa rappresenta per la comunità, delle sue origini come fondazione partecipata. Dietro al progetto ovviamente si colloca la figura di Costantino Nivola, tra i massimi interpreti della scultura sarda, nazionale e internazionale del ‘900.
Il museo si propone come polo di divulgazione e di studio del lavoro di Nivola e di numerose manifestazioni dell’arte contemporanea. Del resto, in linea con gli imperativi menzionati, è progettato dalla comunità per la comunità e, come Fiore racconta, negli anni è riuscito a creare attorno a sé un’attiva rete di sostenitori di ogni età, a promuovere iniziative di “uscita del museo dal museo” e di diffusione sul territorio: ne è un esempio la messa a regime di un vecchio uliveto abbandonato sulle pertinenze del museo, tornato produttivo grazie alla partecipazione popolare e fornitore di un eccellente olio a chilometro zero alle locali realtà assistenziali.
La stessa urbanistica e organizzazione paesaggistica della cittadina di Orani, va via via sviluppandosi attorno a delle antiche suggestioni di Nivola, come il Pergola village. Si tratta di un progetto che affonda le proprie radici nella tradizione barbaricina dei pergolati e suggerisce alla comunità la prospettiva di un futuro ospitale.
Le affinità elettive del Museo Nivola e del LUDiCa non potevano non concretizzarsi attorno agli strumenti e alle teoriche dell’umanistica digitale e della storia pubblica.
Il metodo del sollecitare i luoghi e stabilire solidi patti con le comunità, attraverso workshop e laboratori informati alle stesse procedure, rigorose ma sempre aperte al respiro della realtà, è al centro dell’intervento di Sabina Pavone.
A Macerata, una provincia duramente colpita dal sisma del 2016 e anch’essa a rischio spopolamento soprattutto nelle sue montagne, il suo dipartimento lavora con grande determinazione seguendo programmi interdisciplinari, efficaci nel rappresentare la complessità, nell’orientarsi nel reperimento, nella critica e nella diversificazione delle fonti.
Pavone racconta delle ricerche promosse sul territorio dal laboratorio di Public History di Macerata, che coinvolge intere comunità le quali si attivano per fare storia e ricostruire quella memoria che nelle società globalizzate va svuotandosi di prerogative e ruoli. La collaborazione interuniversitaria e tra realtà e istituzioni anche diverse tra loro per statuto e orientamenti di ricerca, deve necessariamente essere incoraggiata in modo da promuovere anche in rete, dove c’è fame di storia, iniziative che possano occupare quegli spazi secondo le logiche della professionalità e del rigore scientifico.
L’incontro con LUDiCa anche in questo caso è denso di prospettive verso determinate pratiche culturali ed etiche. Nate in seno alle comunità, attraverso l’uso consapevole degli strumenti digitali queste pratiche promuovono nella società un nuovo modo di interpretare le fonti del passato, di intervenire sulle forme e i contenuti del presente e di progettare il futuro.