Post a cura di Antonella Fiorio e Leonardo Anchesi
Nell’ultimo seminario tematico di L.U.Di.Ca. 2021 il prof. Fabio Pinna (UniCa) e i dott. Mattia Sanna Montanelli e Antonio Giorri, dottorandi di ricerca UniCa, ci hanno condotto nel campo dell’archeologia pubblica e delle sue implicazioni nel mondo delle digital humanities.
Il prof. Pinna ha ricordato il rapporto ormai decennale fra archeologia e uso della tecnologia per la ricerca archeologica, che ha portato alla creazione di numerosi progetti di ricerca e divulgazione, di gamification ed esperienze digitali di fruizione del patrimonio grazie anche all’utilizzo delle tecnologie immersive.
Il dott. Giorri ha quindi brevemente definito il concetto di archeologia pubblica, partendo da alcune semplici provocazioni: l’archeologia pubblica non è un hobby degli archeologi, un modo per ottenere finanziamenti o un prodotto da vendere; ma, soprattutto, archeologia pubblica non significa semplicemente divulgare le fasi e gli esiti della ricerca, ma deve, grazie al coinvolgimento delle comunità, diventare un processo partecipativo di costruzione di conoscenza e identità, giovandosi di un’analisi approfondita dei bisogni delle singole persone e servendosi perciò dei media digitali non soltanto per la comunicazione e la condivisione, ma anche per lo studio, la ricerca, la progettazione e il monitoraggio.
A seguire, il dott. Sanna Montanelli ha citato la Convenzione di Faro del 2005 (ratificata dal Parlamento italiano solo nel 2020) che per la prima volta promuove una comprensione più alta del patrimonio culturale, per cui l’importanza culturale di un oggetto o di un luogo dipendono dal valore che essi rappresentano per le comunità che li vive.
La priorità per gli studiosi deve essere, dunque, sviluppare la partecipazione, la comunicazione e la condivisione. Ogni attività operata sui beni culturali può essere rappresentata da una catena di valori, riassumibile in cinque punti:
- Individuazione: gli elementi suscettibili di tutela possono essere individuati in maniera partecipata con mappature, esperienze di archeomapping, ricerca-azione, interventi educativi sulla comunità e tutela passiva. Come Tharros.info, che coinvolge il pubblico in attività di censimento e mappatura dei nuraghi.
- Documentazione e registrazione dei beni con lo sviluppo di protocolli unificati d’intervento e di registrazione. Ne è un esempio la piattaforma MicroPasts.
- Valutazione condivisa e partecipata del patrimonio individuato, come avvenuto con l’esperienza di Uomini e cose a Vignale, promossa dall’Università di Siena.
- Intervento e conservazione, trasparenza, svolgimento di attività diagnostiche relative alla conservazione del bene, creazione di strumenti per assicurare la protezione, uso e gestione. Ci sono stati presentati i progetti Santa Lucia Cagliari e Invasioni Digitali.
- Diffusione e socializzazione, per garantire l’accesso all’esperienza fisica, alla conoscenza, alle informazioni, come nel caso dei portali Hera Paestum e Loquis, del Laboratorio di Didattica e Comunicazione dei Beni Culturali (Vestigia) dell’Università di Cagliari.
Un seminario estremamente interessante che ha chiuso il ciclo di incontri del L.U.Di.Ca. 2021 denso di novità, spunti di riflessione e nuovi impulsi per il prossimo avvenire.